incontrarsi non è come scontrarsi.
ci si incontra solo se si vuole...
ci si scontra anche quando non si vuole.
e poi c'è la poesia, l'attimo, fuggente.
c'è la musica, il ritmo, andante.
c'è la passione, il fuoco, ardente.
c'è incontrarsi e scontrarsi, come mai prima di allora.
come sempre.
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15 luglio 2014
14 luglio 2014
nirvana (ecco dov'era finito un post del 2008)
mi sembra come ... quel film di salvatores: NIRVANA..
e io sono "solo", il personaggio del videogame.
pase lo que pase, vada come vada mi ritrovo a dover rivivere le stesse storie, le stesse stupide storie di un gioco che non ho mai voluto giocare così.
perchè sì, in fondo voglio giocare... ma voglio essere io a muovere il joystic, e sempre io a essere il protagonista del gioco.
ma poi chissà come... entra un qualche virus e rimette in gioco tutto
e ti sembra di aver già vissuto questa scena, anni fa. e ti sei già detta: "no, non mi capiterà mai più niente di simile"...
e invece anche dall'altra parte del mondo ti ritrovi con un videogioco nuovo, ma che finisce sempre allo stesso modo.
prendiamola così
e speriamo che adesso sia davvero l'ultima.
si deve imparare dagli errori, devo imparare dai miei errori.
perchè non può più ripetersi. non me lo perdonerei più.
e io sono "solo", il personaggio del videogame.
pase lo que pase, vada come vada mi ritrovo a dover rivivere le stesse storie, le stesse stupide storie di un gioco che non ho mai voluto giocare così.
perchè sì, in fondo voglio giocare... ma voglio essere io a muovere il joystic, e sempre io a essere il protagonista del gioco.
ma poi chissà come... entra un qualche virus e rimette in gioco tutto
e ti sembra di aver già vissuto questa scena, anni fa. e ti sei già detta: "no, non mi capiterà mai più niente di simile"...
e invece anche dall'altra parte del mondo ti ritrovi con un videogioco nuovo, ma che finisce sempre allo stesso modo.
prendiamola così
e speriamo che adesso sia davvero l'ultima.
si deve imparare dagli errori, devo imparare dai miei errori.
perchè non può più ripetersi. non me lo perdonerei più.
13 settembre 2010
arrivederci amore ciao
mare, mare, mare, il viaggio, la frana, la laurea, i capelli corti, e il cortar todo. il nubifragio, il viaggio, le valigie, il trasloco, loco, loco, locus vivendi, motus vivendi, applications su applications, decisioni, che non vengono mai sole, e le compagnie, le compagne, i compagni, fin troppi, i compagni di casa, il vomito lo sfracelo, il recuperare, il rotary, i cv, i bambini e le famiglie di haiti, le telefonate, quelle che allungano la vita e quelle che creano altre vite, parallele, triangoli, rettangoli, rette, strade che non portano a roma, o forse sì, telefonate, e poi lui, il sudafrica, il sudamerica, i sud del mondo, il progetto africa, l'evaluation, gli stagisti, i tirocinanti, le cene, le cenette, i cenoni, il buio e la luce, i drammi di ferragosto, il bambino, i bambini, le donne incinte e gli uomini-coniglio, scappa che ti passa, e il brugge impossibile, le mail per sbaglio e gli sbagli vari, l'orologio, il telefono, il fermaglio per capelli, la rabbia, lo sfogo, le std e le pda, il meglio di sempre, lo stesso di sempre, uguale ad allora, storie che vanno, che vengono, che tornano, che passano, le telefonate, le donne d'altri e gli uomini altri, gli uomini alti, il greco e le vicissitudini, le risate infinite di una notte di fine estate, i parchi, i luoghi comuni, le giacche, i cappotti, un pò di neve e tanto freddo da gelare i capelli, le mani, il cuore, che non batte più, che non rompe più. il cuore che non c'è più. nè lui, nè nessun altro, ma quanto si ride bene insieme, e poi i pensieri, le parole, le opere e le OMISSIONI, e i circoli viziosi, e l'olanda viziosa, il summer programme, lo spagnolo, il greco, il turco, linda e mamasita linda, le telefonate che mi sembra di essere tornata ad allora, allora che si fa?, si aspetta, si aspetta, e ci si stanca di aspettare, di rispettare, di sognare, di parlare di telefonare. perfino di scrivere. forse. o forse no. e la mina, vagante, pendente parlante, la mina strombazzante, enough, e bernard, e il report, e mark, twain, e i viaggi in patagonia, ma no, solo in albania, io tu e le rose, che cose, che case. le sfere di cristallo, i palloni gonfiati, i sogni, i viaggi, mentali, l'innamoramento, ma sì, perchè no... e perchè sì? mah.. sì. ah, sì. e invece no, proprio no. le telefonate, perchè, perchè, perchè? le notti, in bianco, in nero, il vestito africano la principessa, la regina, batum, natum, aghem, e le bugie, todas las mentiras del mundo, y todo un mundo de mentiras, l'internship, la vicina arrogante, presuntuosa, prepotente, invadente, la vicina invasata, e l'invasata che si installa a casa sua, e la stupida che ci crede. apoteosi di stupidità, di credulitudine, e le risate infinite, la cena agnello e mussaka, a casa mia, a casa tua, le lasagne, e quegli occhi bellissimi, e le risate, come fa il cane, e i bambini che nascono, quelli che crescono e quelli che non cresceranno mai. e le rose, rosse, bianche, rose per te, per me. la casa col padrone, il padrone di casa, la casa che sta llì e craving, i messaggi, le risposte, la spiaggia, i baci gli abbracci e cosìvvia, sette figli e un cane, ma solo il cane resta. e l'africano, e martha e jacqui, e i telefoni, e le urla dell'altro mondo, di questo mondo e la visita e i dubbi e le paure, i dottori, il dottor stranamore, gli uomini e le donne africani, non è mal d'africa, nè mal d'amore, è mal di pancia, è rigurgito, un bagno, le sensazioni, ma cosa nascondi? cosa devo celare, imparare a non svelare, velare, vegliare, volere, non dimenticare, soltanto ciao.
e allora ciao.
http://www.youtube.com/watch?v=SkQRpPOfQNE
e allora ciao.
http://www.youtube.com/watch?v=SkQRpPOfQNE
25 giugno 2008
c'est la vie
27 maggio 2008
capitolo 2 - STATO di necessità
nessun titolo potrebbe calzare più a pennello di questo, per rappresentare quello che si trova ancora nei miei pensieri e che sto provando a sviscerare nero su bianco.
stato di diritto, stato sociale, stato social-democratico... le reminescenze accademiche mi portano a cercare tanti tipi ideali di stati sovrani.
ma quello che spadroneggia in Colombia è senz'ombra di dubbio lo "stato di necessità".
Situazione politico-economico-sociale la quale attribuisce ad un lavoratore regolare, un salario minimo -sulla carta- di 170 Euro al mese, la garanzia che se stai male c'è un ospedale pubblico aperto, la sicurezza che se non hai un "seguro" (leggasi 'copertura assicurativa sanitaria') non ci proverai neanche ad entrare in quell'ospedale, tanto al massimo, ti daranno un'aspirina e ti rimanderanno da dove sei venuto.
dicasi stato di necessità quella condizione che prevede la possibilità di andare a dormire senza un tetto sulla testa, senza vestiti di ricambio, senza quella certezza che vada come vada domani il sole tornerà a splendere anche per te.
analizzando la costruzione, notiamo la parola "stato".
In questa posizione non indica il passato del verbo essere, poichè è presente come non mai.
Non indica la presenza dell'istituzione politica per eccellenza a vegliare sul benessere del cittadino.
Non indica neanche un momento "statico", un attimo stabile, duraturo, poichè è della transumanza delle sue genti che si nutre.
paradossalmente la parola "stato" potrebbe anche scomparire, se non fosse per la preposizione e la parola che segue "di necessità".
solo in questa costruzione la parola "stato" ha un senso qui in Colombia.
O almeno per noi occidentali...! Per noi abituati a cercare e trovare forze dell'ordine attente e responsabili, se denunciamo la presenza di un bambino che dorme sdraiato sul marciapiede.
Stato che non è stato, che è poco Stato e per nulla statico.
della necessità, quella sì che ce n'è bisogno di parlare.
ma adesso è notte in Europa come in Colombia e sarà necessario rimandare al prossimo capitolo la spiegazione di necessità
stato di diritto, stato sociale, stato social-democratico... le reminescenze accademiche mi portano a cercare tanti tipi ideali di stati sovrani.
ma quello che spadroneggia in Colombia è senz'ombra di dubbio lo "stato di necessità".
Situazione politico-economico-sociale la quale attribuisce ad un lavoratore regolare, un salario minimo -sulla carta- di 170 Euro al mese, la garanzia che se stai male c'è un ospedale pubblico aperto, la sicurezza che se non hai un "seguro" (leggasi 'copertura assicurativa sanitaria') non ci proverai neanche ad entrare in quell'ospedale, tanto al massimo, ti daranno un'aspirina e ti rimanderanno da dove sei venuto.
dicasi stato di necessità quella condizione che prevede la possibilità di andare a dormire senza un tetto sulla testa, senza vestiti di ricambio, senza quella certezza che vada come vada domani il sole tornerà a splendere anche per te.
analizzando la costruzione, notiamo la parola "stato".
In questa posizione non indica il passato del verbo essere, poichè è presente come non mai.
Non indica la presenza dell'istituzione politica per eccellenza a vegliare sul benessere del cittadino.
Non indica neanche un momento "statico", un attimo stabile, duraturo, poichè è della transumanza delle sue genti che si nutre.
paradossalmente la parola "stato" potrebbe anche scomparire, se non fosse per la preposizione e la parola che segue "di necessità".
solo in questa costruzione la parola "stato" ha un senso qui in Colombia.
O almeno per noi occidentali...! Per noi abituati a cercare e trovare forze dell'ordine attente e responsabili, se denunciamo la presenza di un bambino che dorme sdraiato sul marciapiede.
Stato che non è stato, che è poco Stato e per nulla statico.
della necessità, quella sì che ce n'è bisogno di parlare.
ma adesso è notte in Europa come in Colombia e sarà necessario rimandare al prossimo capitolo la spiegazione di necessità
12 maggio 2008
la storia siamo noi
l
l
è uno strano senso di appartenenza che a doppio filo mi lega a una melodia chiamata "memoria"....
è come se la tutta la terra che ho calpestato mi appartenesse, tutti le bocche che ho baciato, tutte le mani che ho stretto, tutte le lingue che ho parlato, tutte le canzoni che ho cantato, tutti i balli che ho ballato, tutte le parole che ho scritto.
ma non è così...
c'è un universo che non ho ancora condiviso e che non è mai stato fotografato, se non dai miei occhi.
storie infinite fatte di sguardi di sorrisi, di abbracci, di lacrime, di orizzonti, di tramonti, di mari e di tempeste.
storie di incontri e di scontri che non sono mai esistite perchè mai sono state raccontate..
storie di gente comune mai entrata nelle mie pagine ma che trafigge tutti i giorni il mio cuore.
con la loro dignità, la loro insolenza, la loro simpatia, la loro necessità... con il loro amore e il loro disprezzo.
gente comune che fa la storia ma che nei libri di storia non entrerà mai.
quegli occhi che trafiggono i miei, che già mi appartengono, che non avrò mai il diritto di raccontare.
l
è uno strano senso di appartenenza che a doppio filo mi lega a una melodia chiamata "memoria"....
è come se la tutta la terra che ho calpestato mi appartenesse, tutti le bocche che ho baciato, tutte le mani che ho stretto, tutte le lingue che ho parlato, tutte le canzoni che ho cantato, tutti i balli che ho ballato, tutte le parole che ho scritto.
ma non è così...
c'è un universo che non ho ancora condiviso e che non è mai stato fotografato, se non dai miei occhi.
storie infinite fatte di sguardi di sorrisi, di abbracci, di lacrime, di orizzonti, di tramonti, di mari e di tempeste.
storie di incontri e di scontri che non sono mai esistite perchè mai sono state raccontate..
storie di gente comune mai entrata nelle mie pagine ma che trafigge tutti i giorni il mio cuore.
con la loro dignità, la loro insolenza, la loro simpatia, la loro necessità... con il loro amore e il loro disprezzo.
gente comune che fa la storia ma che nei libri di storia non entrerà mai.
quegli occhi che trafiggono i miei, che già mi appartengono, che non avrò mai il diritto di raccontare.
08 maggio 2008
vasi comunicanti
proprio ieri alla radio nazionale, la speaker e un'ascoltatrice:
---------------
ASCOLTATRICE -si effettivamente non lo so....
SPEAKER- ma c'é qualcosa che ti rende triste?
A- piú che triste... non lo so.. é che non trovo un uomo "fatto per me"
S- e perché secondo te..? se in te non c'é niente che non va..
A- in me niente, lo so, ma mi fa innervosire il fatto che la zia di mia figlia pretende da me che .. io rimanga sempre in casa, che non possa mai uscire a farmi una birra...
S- ma tu comunque non puoi lasciarti influenzare da queste cose... perché ormai con suo fratello le cose sono qualcosa che é giá "passato"
A- lo so ma comunque tutto questo stress confluisce anche su mia figlia.. perché il fratello della zia [NdA: IL PADRE DI SUA FIGLIA!!].... ECC..
S- senti, non devi preoccuparti per questo, perché giá tutte le energie negative della zia di tua figlia stanno confluiendo su di te creando una sfera di negativita, capisci tutte queste energie negative.. che fanno sí che qualunque uomo si avvicini a te non ti veda per quello che sei, e se continua cosí andrai avanti di avventura in avventura...
-------------------
questo dialogo, riportato fedelmente, spiega alcuni brevi ma essenziali tratti della vita relazionale tra uomini e donne in Colombia..
in breve ecco una conversazione tipo con 9 donne su 10 qua in colombia:
....il papa di mia figlia non é il mio "ex marito", perché non mi sono mai sposata con quel ragazzo. mio marito é invece un uomo onesto e lavoratore, ah, no, non é che io sia sposata con lui, "marito", si dice cosí, qua in Colombia si dice cosí
per chiamare, sí, lui, MI ESPOSO, (in italiano leggasi "fidanzato", anche se esposo significa.. SPOSO). Adesso il mio fidanzato é negli USA, sí, lavora lí, no, legale?, mi dice che sta facendo i documenti e poi parto anch'io con la bimba.
Ah, si, l'autorizzazione per la bimba, sí, servirebbe anche quella del papá per farla uscire dal paese, visto che ha solo 6 anni, ma in questo caso non ce n'é bisogno, la bimba é stata registrata solo con il mio cognome. Lui é servito solo a mettermi nei guai, non servirá a nient'altro.
Alimenti?! Intendi se passa qualcosa? Soldi? ma figurati!!!!! lui giá ha sua moglie a cui badare (leggasi "fidanzata"), che giá ha una figlia di 2 anni... ormai saranno in UNION LIBRE
UNION LIBRE leggasi "coppia di fatto" cioé qualcosa di cui i colombiani possono godere da circa 18 anni. se stai con qualcuno - dell'altro sesso- da piú di 2 anni, siete giá una coppia di fatto. significa godere di tutti i diritti di cui gode una coppia sposata italiana.
ma ancora non mi spiego..
-perché l'aborto é ILLEGALISSIMO in Colombia?
-perché invece vendono le pillole del giorno dopo come mentine?
-perché infine le donne non hanno coscienza della loro sessualitá e sono considerate spesso e volentieri solo come contenitori a rendere di una vita futura??
mi sembra, da quasto punto di vista, di stare in una Sicilia di almeno 50 anni fa, con l'aggravante che qua c'é internet giá da 10 anni.
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ASCOLTATRICE -si effettivamente non lo so....
SPEAKER- ma c'é qualcosa che ti rende triste?
A- piú che triste... non lo so.. é che non trovo un uomo "fatto per me"
S- e perché secondo te..? se in te non c'é niente che non va..
A- in me niente, lo so, ma mi fa innervosire il fatto che la zia di mia figlia pretende da me che .. io rimanga sempre in casa, che non possa mai uscire a farmi una birra...
S- ma tu comunque non puoi lasciarti influenzare da queste cose... perché ormai con suo fratello le cose sono qualcosa che é giá "passato"
A- lo so ma comunque tutto questo stress confluisce anche su mia figlia.. perché il fratello della zia [NdA: IL PADRE DI SUA FIGLIA!!].... ECC..
S- senti, non devi preoccuparti per questo, perché giá tutte le energie negative della zia di tua figlia stanno confluiendo su di te creando una sfera di negativita, capisci tutte queste energie negative.. che fanno sí che qualunque uomo si avvicini a te non ti veda per quello che sei, e se continua cosí andrai avanti di avventura in avventura...
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questo dialogo, riportato fedelmente, spiega alcuni brevi ma essenziali tratti della vita relazionale tra uomini e donne in Colombia..
in breve ecco una conversazione tipo con 9 donne su 10 qua in colombia:
....il papa di mia figlia non é il mio "ex marito", perché non mi sono mai sposata con quel ragazzo. mio marito é invece un uomo onesto e lavoratore, ah, no, non é che io sia sposata con lui, "marito", si dice cosí, qua in Colombia si dice cosí
per chiamare, sí, lui, MI ESPOSO, (in italiano leggasi "fidanzato", anche se esposo significa.. SPOSO). Adesso il mio fidanzato é negli USA, sí, lavora lí, no, legale?, mi dice che sta facendo i documenti e poi parto anch'io con la bimba.
Ah, si, l'autorizzazione per la bimba, sí, servirebbe anche quella del papá per farla uscire dal paese, visto che ha solo 6 anni, ma in questo caso non ce n'é bisogno, la bimba é stata registrata solo con il mio cognome. Lui é servito solo a mettermi nei guai, non servirá a nient'altro.
Alimenti?! Intendi se passa qualcosa? Soldi? ma figurati!!!!! lui giá ha sua moglie a cui badare (leggasi "fidanzata"), che giá ha una figlia di 2 anni... ormai saranno in UNION LIBRE
UNION LIBRE leggasi "coppia di fatto" cioé qualcosa di cui i colombiani possono godere da circa 18 anni. se stai con qualcuno - dell'altro sesso- da piú di 2 anni, siete giá una coppia di fatto. significa godere di tutti i diritti di cui gode una coppia sposata italiana.
ma ancora non mi spiego..
-perché l'aborto é ILLEGALISSIMO in Colombia?
-perché invece vendono le pillole del giorno dopo come mentine?
-perché infine le donne non hanno coscienza della loro sessualitá e sono considerate spesso e volentieri solo come contenitori a rendere di una vita futura??
mi sembra, da quasto punto di vista, di stare in una Sicilia di almeno 50 anni fa, con l'aggravante che qua c'é internet giá da 10 anni.
20 aprile 2008
un giorno come un altro
si chiama Ramon e oggi abbiamo ballato insieme.
a dir la verità ho ballato anche con Francisco, Manuel, Hernando, e.. ho dato un bacino a Miguel perchè mi ha regalato dei versi belli e genuini.
ma è del ballo con Ramon che vi racconterò.
parte la musica e io mi avvicino, magari sarà timido e non si fa avanti...gli dico... "io so che lei balla molto bene"... e lui "ma veramente...." "niente ma, non faccia il timido balliamo" gli dico io un pò provocatoria.
lui, con fare tutto latino e con una dolcezza infinita, con una galanteria d'altri tempi... mi prende per la mano, e lentamente passo dopo passo perde quell'iniziale incertezza e si lancia in un valzer romantico e appassionato, a cui ne segue un altro, un altro ancora... una milonga e un bolero.
con gran stupore dei presenti e con la contentezza di entrambi che trasudava ormai vistosamente da ogni poro, mi dice "gracias, dios la bendiga" e ancora "me acuerda adonde estaba sientado, por favor?".
e io come tornando sulla terra lo riaccompagno alla sua sedia in questa grande sala della casa di riposo "la esperanza".
Ramon, ha 83 anni, è non vedente, ed è stato il miglior compagno di ballo di questa giornata con gli anziani de "la esperanza".
esco dalla casa di riposo insieme agli altri compagni di lavoro con cui abbiamo preparato e offerto il pranzo a questi "grandi", non solo d'età, e mi rendo conto che ne "la esperanza"... è solo di speranza che abbondano... a tutto il resto ci pensano i volontari e alcune splendide giovani suore.
a dir la verità ho ballato anche con Francisco, Manuel, Hernando, e.. ho dato un bacino a Miguel perchè mi ha regalato dei versi belli e genuini.
ma è del ballo con Ramon che vi racconterò.
parte la musica e io mi avvicino, magari sarà timido e non si fa avanti...gli dico... "io so che lei balla molto bene"... e lui "ma veramente...." "niente ma, non faccia il timido balliamo" gli dico io un pò provocatoria.
lui, con fare tutto latino e con una dolcezza infinita, con una galanteria d'altri tempi... mi prende per la mano, e lentamente passo dopo passo perde quell'iniziale incertezza e si lancia in un valzer romantico e appassionato, a cui ne segue un altro, un altro ancora... una milonga e un bolero.
con gran stupore dei presenti e con la contentezza di entrambi che trasudava ormai vistosamente da ogni poro, mi dice "gracias, dios la bendiga" e ancora "me acuerda adonde estaba sientado, por favor?".
e io come tornando sulla terra lo riaccompagno alla sua sedia in questa grande sala della casa di riposo "la esperanza".
Ramon, ha 83 anni, è non vedente, ed è stato il miglior compagno di ballo di questa giornata con gli anziani de "la esperanza".
esco dalla casa di riposo insieme agli altri compagni di lavoro con cui abbiamo preparato e offerto il pranzo a questi "grandi", non solo d'età, e mi rendo conto che ne "la esperanza"... è solo di speranza che abbondano... a tutto il resto ci pensano i volontari e alcune splendide giovani suore.
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26 febbraio 2008
una "dacia" in Colombia
inaspettato arriva il colpo di scena: eccola, una dacia in Colombia!!!
dev'essere dell'inizio degli anni 80', in perfetto stato di salute e non ci troveremmo niente di "extraño", se non fosse che non si spiega come una macchina di fabbricazione europea, anzi, sovietica, possa trovarsi a camminare per le strade di Colombia impune....
é sull'impunitá che adesso mi pongo piú domande, non sul come fisicamente sia giunta qui, nel sul "perché".
queste sono domande che non interessano il lettore... é piú interessante scoprire come diavolo fa questa macchina costruita per i freddi e per le tundre, per i sentieri della Transilvania, a camminare IMPUNE a fianco degli "willies" ...
dando per scontato che non importa la provenienza in sé, né degli uni né delle altre.. non importa il conducente...
é una questione di motore, di quello che c'é sotto, di quello che fa muovere le ruote sia nella tundra che nell'amazzonia. é questo quello che cambia.
é il motore dei due "tipi", uno colombiano/americano, l'altro balcanico/europeo. vanno di pari passo, la benzina é la stessa, lo stesso sole ne corrode la carrozzeria, la stessa pioggia (solo piú frequente) batte sui vetri, e non c'é neve a mettere alla prova il conducente e il suo motore.
qui al massimo c'é terra, terra umida e fertile che produce frutta senza pause stagionali..
banane, caffe, caffe e banane e banane e caffe.
e poi c'é la coca, ma quella non la vede mai nessuno e non cresce spontanea... e soprattutto é piú nociva per tutti, dal produttore al consumatore.
la dacia e la willy vanno per le stesse strade e i loro conducenti si abituano sia alla vodka che all' aguardiente - distillato colombiano a base di canna da zucchero- e il 'té' non lo chiamano "Chai", né il 'tinto' lo chiamano "Caffe".
non é una questione linguistica. non é una questione climatica. non é una questione culinaria.
é una questione di motore
dev'essere dell'inizio degli anni 80', in perfetto stato di salute e non ci troveremmo niente di "extraño", se non fosse che non si spiega come una macchina di fabbricazione europea, anzi, sovietica, possa trovarsi a camminare per le strade di Colombia impune....
é sull'impunitá che adesso mi pongo piú domande, non sul come fisicamente sia giunta qui, nel sul "perché".
queste sono domande che non interessano il lettore... é piú interessante scoprire come diavolo fa questa macchina costruita per i freddi e per le tundre, per i sentieri della Transilvania, a camminare IMPUNE a fianco degli "willies" ...
dando per scontato che non importa la provenienza in sé, né degli uni né delle altre.. non importa il conducente...
é una questione di motore, di quello che c'é sotto, di quello che fa muovere le ruote sia nella tundra che nell'amazzonia. é questo quello che cambia.
é il motore dei due "tipi", uno colombiano/americano, l'altro balcanico/europeo. vanno di pari passo, la benzina é la stessa, lo stesso sole ne corrode la carrozzeria, la stessa pioggia (solo piú frequente) batte sui vetri, e non c'é neve a mettere alla prova il conducente e il suo motore.
qui al massimo c'é terra, terra umida e fertile che produce frutta senza pause stagionali..
banane, caffe, caffe e banane e banane e caffe.
e poi c'é la coca, ma quella non la vede mai nessuno e non cresce spontanea... e soprattutto é piú nociva per tutti, dal produttore al consumatore.
la dacia e la willy vanno per le stesse strade e i loro conducenti si abituano sia alla vodka che all' aguardiente - distillato colombiano a base di canna da zucchero- e il 'té' non lo chiamano "Chai", né il 'tinto' lo chiamano "Caffe".
non é una questione linguistica. non é una questione climatica. non é una questione culinaria.
é una questione di motore
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